mercoledì 25 gennaio 2012

L'amore è inutile, al di fuori di quel che serve

“Perché questo amore è così agrodolce? Veramente c’è chi si cura solo di essere amato e niente più? E davvero c’è chi ama solamente quando soffre?”
“In realtà io trovo ridicoli questo genere di discorsi. L’amore? Parlerò da uno che non si è mai innamorato ma a me sembrano solo stronzate, come si fa a credere davvero di poter trovare una persona che tenga davvero a te, che sia disposto a sostenerti non importa cosa, alla fine tutti pensano solo a sé stessi. O ancora come si fa a pensare che là fuori, da qualche parte, ci sia davvero qualcuno fatto su misura per te? Mettiamo che ci possa essere, se questa persona vivesse nell’altra parte del mondo come fareste mai ad incontrarvi? No, per me rimangono solo stronzate”
“Certo tu dici così proprio perché non ti sei mai innamorato, non hai mai voluto veramente bene a qualcuno”
“Ti sbagli, quando dico di non essermi mai innamorato intendo che non mi è mai capitato con nessuno con cui ho scopato, però sì ho amato qualcuno ma mai corrisposto, forse è per questo che non credo all’amore di cui parli, in tutti i rapporti c’è qualcuno che da di più, l’equilibrio non esiste, facciamo fatica ad averlo nelle relazioni più scontate figurarsi con qualcuno con cui dovresti condividere tutto te stesso, forza e debolezze”
“Da come parli sembra che tu non ti fidi di nessuno, allora è per questo che non puoi innamorarti, se non c’è fiducia non ci può essere amore”
“Su questo hai ragione, sono fermamente convinto che non ci si possa fidare di nessuno, noi siamo essere umani e c’è così tanta irrazionalità in noi che in fin dei conti ci qualifica tutti come matti latenti in attesa di esplodere, fidarsi ciecamente di qualcuno sarebbe un gesto che andrebbe ben oltre la nostra stessa follia”
“Ma non ti senti infelice a vivere in questo stato di cose? Non ti senti morto dentro?”
“Perché dovrei? Io nella mia vita ho qualcosa da amare alla follia, qualcosa che so non mi tradirà mai, io ho l’arte, le persone vanno e vengono, lei non se ne andrà mai finché io la vorrò”
“E allora gli artisti non possono amare nessuno?”
“Non lo so, non so neanche se possa definirmi un artista, però direi che nel mio caso specifico è così, il mio cuore non è fatto per l’amore a due, non saprebbe gestirlo e non ne saprebbe godere appieno, piuttosto che dare felicità renderei infelice chiunque mi sentissi di amare e allora a quale pro? Per amare qualcuno serve coraggio e io non ne ho”
“Allora sei un vigliacco, ecco cosa sei, tu hai solo paura che se solo ti lasciassi andare chi ti trovi di fronte non ci penserebbe su due secondi a lasciarti perdere”
“Sarò anche un vigliacco, ma almeno ne sono consapevole e cerco di non danneggiare nessuno, in fondo a me la solitudine non dispiace, la trovo così confortante, sai, certe volte quando siamo io e lei e come se sentissi che l’intero mondo sia in pace, come se tutto fosse esattamente dove dovrebbe essere”
“Ahahahahahahha”
“Perché ridi? Non mi sembra di aver detto nulla di divertente”
“Rido perché pensi davvero quello che mi hai detto, hai trovato una giustificazione ai tuoi timori e questo é addirittura peggio che la paura stessa, essere spaventati non è così irrazionale come pensi, io ti ho capito, tu non ti fidi di nessuno perché ti spaventa a morte l’idea che chi ti trovi di fronte possa non essere come tu lo hai idealizzato, sei terrorizzato al solo pensiero di rimanere deluso”
“Infatti non ho negato di essere un codardo”
“Ma davvero non capisci? La paura ti avverte di un pericolo, si presuppone che tu la affronti questa paura, che ti metta in salvo, non che continui a rifuggirla ogni volta che ti si presenta davanti. In questo modo ti autocondanni ad una vita di fughe”
“Si ho capito, ma a me sta bene così”
“Quindi mi vuoi dire che non senti mai il bisogno di essere amato o di amare?”
“No questo no, sono anch’io un essere umano, però quando mi capita subito mi rifugio in ciò che mi fa stare bene e allora tutto torna alla normalità”
“Sì, sei proprio una persona banale, non credevo sai, la tua aura di mistero, i segni della “dannazione” che porti con tanta nonchalance, tutte cazzate”
“Però lo faccio con stile no?” Disse strizzando l’occhio.
“Puoi star tranquillo, lo stile non ti manca, cerca solo di lavorare sui coglioni ok?”
E un bacio unì le loro labbra.

Ad ogni donna

“Ad ogni donna”

Mia dolce Porzia, vermiglie labbra
ornano il pallido tuo viso, ondate
rosse incorniciano il tuo lucore,
ne riflettono la luce i tuoi
smeraldini sguardi. Bianca pelle
di neve dicembrina, soffice manto
del tuo splendido essere,
muoverle carezze è saggiare
ambrosia in tempo di pace,
è morire d’autunno. Venere ed
Erinne, gioia e furia, cauta ed
audace, guidi il mio avanzare,
mi accechi nel mio vagabondare,
spegni in me ogni sciocco disprezzare,
animi il mio fuoco d’amore.
Averti non è possederti,
stringerti non è trattenerti.
Io, fedele prostrato alla tua saggia
icona, tu, devota piena di fede,
mia dolce Therese.

venerdì 20 gennaio 2012

Un viaggiatore poco prima di coricarsi

La morte leggera ti sfiora il cuore, vuole abbracciare il tuo vuoto, vuole riempirlo con l’unica cosa in grado di farlo, il silenzio, il nero, l’oblio, per non sentire più il peso di questo caos informe e spietato. Trascina dentro l’anima il nulla, lo crea, lo distrugge, rompe in un silenzioso pianto, nessuno può ascoltarlo, nessuno deve comprenderlo. Misera e triste vittima del proprio amore, corre, lontano, fugge dal nulla in cui si condanna alla sofferenza. Vuota risuona ogni esortazione alla felice leggerezza, inconcludente insoddisfazione. La forza di mille titani dentro, ma non può esplodere solo soffocare e divenire la debole luce che s’oscura all’ombra della resistenza, non concedere un solo centimetro, ma piuttosto prenderne e poi scegliere, catalogare, eliminare, distinguere ore e persone, come fossero libri da riporre in uno scaffale. La teca della vita va arricchendosi di misere certezze, accortezze necessarie per lasciare libera l’anima che pene e tregue non vuole conoscere, perduta sempre tra le rose di germinanti amori interrotti da eclissi spirituali. Morti felici danzano nel cuore del mostro che stringe al petto rami di spine e fiori bianchi, rosse le lacrime bagnano speranze deturpate dal sole che acceca ed impietoso vuole attenzione. Frenesia di attimi iconoclasti, rabbia pulsante nelle vene degl’ occhi di chi muto assiste al proprio declino e urla silenziosamente alle cose, alle rocce, alla vita il suo diniego e rifiuto di accettare tutto ciò che è imperfetto. Ancora urla e grida, ancora pianti e silenzi, tutto affogato e represso dentro un misero corpo fatto di verde e di terra, la cenere sparsa su di un pavimento abbandonato al proprio invecchiare, nessun minuto che passi senza scandire la propria dipartita. Bianco buio, nero lucido, i colori fuggono nella nebbia diradando ogni luce e lasciando pietra vestita di chiara solidità, greve ruvidezza, impatti improbabili ma inevitabili con il suolo. Il marmo abbraccia ma non sorregge, scorre fluido il freddo che lo attraversa, si ferma solo per lasciar posto al contatto che non sopporta d’esser concepito. Un delirio di una povera mente avvelenata dalla sua stessa essenza, le orbite cave nutritise dei propri bulbi hanno portato con sé anche l’anima del naufrago perenne, in continua ricerca di ciò che non può essere trovato, egocentrica vittima della propria crudeltà, sadiche speranze accoltellate in vicoli interiori, spessori di niente e voluttà di morte. Sigarette metafore di esistenze prive di fuoco, si consumano e consumano attimi ributtati come fumo dalle ciminiere, i fantasmi consapevoli cercano di inspirarne il più possibile, partecipi di masochisti omicidi. Nero, colore della rosa spirituale che alta nel cielo staglia il proprio riverbero tra arcobaleni fasulli e pentoloni pieni di desideri troppo audaci, carnefici di ogni speranza sepolta nel porto di ogni uomo. Il dolore, come stigma della propria pena, porta con sé i segni della brillantezza di un essere che si divora  nell’eterno ripetersi di cicli interminabili. Un serpente si annida nel petto aspettando il momento e la vittima congeniali al proprio morso. Il lupo ulula alla luna, graffiando l’oceano in cui si specchia ed inorridisce l’astro catturando il rimorso e il rancore nascosti nel lamento del povero cristo. Maria madre della pietà, concedine e togline a chi meno ne merita, regalane ed impietosa dispensane a chi di luce deve caricare le proprie aspirazioni in rivolta contro le proprie paure. Abbi pietà farfalla dagli occhi scuri come l’ebano, per ogni carezza troppo pretenziosa che ti viene fatta, abbi pietà di tenui amori, tiepidi e laconici segreti di amanti puri, purgane la malizia ed accoglili nel tuo tiepido ventre, benedicili con la tua grazia di indulgente signora, amali fino all’ultimo ardere di ogni tempo e nei secoli stringili nella tua pioggia dispensatrice di serene utopie. Ancora il vuoto non abbandona la propria tana e lentamente distrugge ed erode tutto, lo stringe soffocandolo, ama corrompendo ogni serena ingenuità, odia sempre più odiandosi, rinnovando il proprio spirito di distruzione che germina  tra rovi e rovine di lacrime troppo a lungo nascoste ad occhi di lupi e libellule. Far fronte alla mancanza di metafore oniriche purché di sonno se ne abbia da perdere. Richieste di libere essenze, assenze quotidiane nella steppa del petto che va percorrendo ogni giorno lo stesso tragitto, il fiume che scorre ed invita ad annullare ogni desiderio ed ogni speranza si augura di annegare per porre fine ai lamenti di uno stupido cieco che si rifiuta di guardare al di là del proprio buio. Una bambina gioca lanciando scintille nell’aria, ingenua, pura, lascia che la vita le si presenti abbigliata con misteri ed inganni a cui dovrà imparare a far fronte. Il bambino le augura di saper trovare qualcuno che la possa stringere quando la notte sembra più buia, quando il sole non scalderà. Crescono intanto rampicanti sui loro corpi e sempre più li stringono, sempre più affondandoli nel terreno, dove troveranno eterni compagni al loro sonno privo di brezza. Le nubi cariche di vento e brandelli di cielo, s’addensano tra fili tessuti in crisalidi di vetro, piombo e gerani. Dove sei ora che ho perso, dove sei ora che ho vinto il mio premio all’eterno azzardo del caso, dove sei ora che sto fuggendo? Attraverso campi sconfinati, piaghe di malinconie, pieghe di attimi felici.
I piedi calpestano, le mani recidono, intanto il grano brucia spandendo nell’aria odore di crisantemi legati tra loro da lacci color dello zaffiro, gocce di belladonna e sospiri di viole donano alla composizione l’eterno mistero dello scorrere. Insoddisfatti pensieri, vittime e boia dell’uno stesso, madre e padre, colmi e grondanti di noiosi tedi, purtroppo inevitabili, da sé medesimo prodotti, da sé medesimo inestinguibili. Folli riflessi di folle bieche e straziate, agghindano specchi messi ad incenerire ogni sicurezza, ogni parola che sa di dover soccombere alla luce della verità.  Importanza che non ha nome né cuore, giace distesa sopra un letto di piume, dimentica di tutto ciò che non la confà, ride, serena, dimentica di sé e dei propri timori. Liquori, distillati dalle noiose lamentele, vengono versati per far cessare l’eco di mondi ormai sepolti sotto coltri di indifferenza, coperti con veli trasparenti. Non c’è aiuto da chiedere ne promesse da ottenere, deve solo spegnersi il furore di ore sprecate nell’angosciante attesa di una reazione, quando alla morte riesci a strappare un bacio avvolto da un tenue candore ed il vuoto impallidisce, rachitico, sfondato da certezze invisibili. E l’amore scorre nuovo, libero, non curante del fetido sussurrare d’un marcio e putrido livore.

venerdì 13 gennaio 2012

Cezànne

Allo specchio
fisso rimane l’occhio,
l’adorno feretro
il petto,
fredda prigione,
dove il compianto
giace.

Echi

Danza e tracanna, dolci veleni per la coscienza,
danza ed aspira, incensi della dimenticanza,
conosci ed impara, altrui sconosciute verità,
conosci e prova, i fiori del dolore, crisantemi d’amore.

Tra poesie ed ideologie smarrisci il tuo cuore,
Tra rose e mattoni , cerca te stesso,
Trema e non retrocedere, la paura passerà,
Ridi e non ferire, il tuo riflesso impietoso risponderà.

Il tempo è tiranno con chi per paura dell’ errore,
resta fermo a lamentare
un dolore che non può provare.
Non annegare nell’ orrore,
nell’ inquietudine di chi dalla perfezione
si lascia accecare. 

mercoledì 11 gennaio 2012

Ghiaccio in primavera

“Ghiaccio in primavera”

Sguardi come foglie autunnali,
come inganni nei viali,
cadono nella stagione
del nostro consumarci,
ricoprono il terreno di
fiori mai nati,
meglio è non provarci,
lasciare l’ardire del peccare
ai sogni di addormentati,
la realtà già castiga,
perché svegliarsi
quando la libertà è più
che viva nel coricarsi?

lunedì 9 gennaio 2012

Gran galà

“ Gran Galà”

Eccoci all’ingresso; imbellettati
dai migliori pregiudizi disponibili,
occhi di ceramica segnati da urti
precedenti le formazioni
di canoni risibili.
Acquistato il biglietto da
un’anziana signora, affaccendata
a raccoglier foglie colorate
di trapasso, ci si sposta verso
l’atrio, scolpito a mo di ventre
femminile, giustamente predisposto
all’accoglienza.
Teste sospinte con urgenza
dal desiderio d’assistere immobili
all’alternarsi di tragedie o commedie,
codardamente lasciate ad essere
impersonate da altri;
a chi ha il cuore di sostenere
il peso delle proprie affermazioni.
Ecco il palco, il sipario ancora
calato, d’un rosso tinto che
ricorda il copioso riversamento
d’una ferita inferta
dall’offensiva d’un duello,
latente nella vicina lontananza
d’ogni spettatore al proprio
vicino. Alcuni pensano “Oh tutte
persone bene educate, siedono
silenziose al proprio posto”
E intanto gli attori fremono
nella pendenza del pubblico
giudizio, che non s’accorgano
di possibili errori o ancor
peggio, d’artifizi d’esibizione.
Finita la rappresentazione,
la mandria d’astanti si trascina
all’uscita, compiaciuta del
proprio immedesimarsi senza
attiva partecipazione, come
d’un festeggiato ad un funerale.

UCuaglianza

“Ucuaglianza”

O io ti disprezzo, fratello,
tu devi condividere,
come me è giusto vivere,
non capisci la virtù
del mio sopravvivere?
Ecco accomodati nel mio
consenso, ora t’illustro
ora ti svelo
ora ti accetto,
ammira la vuota bellezza
del mio concetto,
il vitreo rispetto
del mio pensare,
fai tuo un po’ di me,
che ho voglia
di intravedermi in te,
e di questo voglio
cullare le mie certezze
volitive come rudi brezze,
vedrai, per i tuoi timori
ho giuste pezze,
ho fuochi per i tuoi bui,
lascia che sia la tua
guida
il tuo giuda,
il mio riflesso,
Narciso, piacere,
ho da confessare
che di tatto
un po’ difetto,
lo sai, condividerai,
nessuno in fondo,
è perfetto.

Timide aspirazioni

“Timide aspirazioni”

Mentre il mondo va a puttane, mentre
altri spacciano anestetici di facile
consumo e ipocrisie da buon cristiano,
tutti piangono ma nessuno comprende,
sarebbe facile,
sarebbe facile,
come non aver nulla da perdere
se non altro che orgoglio immondo,
dare più che carità, più che pietà,
accettare la fallibilità e fregarsene,
continuare ad amare come se mai
s’avesse avuto un cuore sanguinante.
Che dal bene non nasce altro che bene
e che l’amore non è la commozione
di un attimo, ma un desiderio
di miglioramento che
brucia il denaro.

L' equipaggio del battello ebbro

“L’equipaggio del battello Ebbro”

Voluttuosità di fumo, nei cieli
grigi in corsi di fiumi, vortici
acquatici, pensieri nostalgici
di ebbrezze andate, con amicizie
dimenticate e vite ritrovate.
Violente sferzate di risa
caricano il cuore, nella libertà
dell’abbandono, lo rendono
leggero e desideroso di
bene, che tanto manca al
viaggio degli uomini, stipati
in vascelli vagabondi, viaggiando
verso Veneri e chimere,
naufraghi dentro sé stessi,
da morali ed ordini oppressi.

A rivederla caro/a

Eccomi qua, ho voluto provare a creare un blog non sentendone minimamente la necessità, proprio come da titolo mi chiedo se servirà a qualcosa, a cosa? Partiamo con ordine, sono un 23enne Cesenate con l'abitudine della scrittura, da bravo ragazzetto con dei sogni nel cassetto mi piacerebbe riuscire a veder un giorno pubblicato quello che scrivo, non tanto per gioia auto celebrativa (Il mio ego soffre di megalomania, non saprebbe che farsene della gloria, anche se a certi potrebbe mancare più dell' aria..!) ma per un bisogno mio di comunicare la mia visione delle cose, nel bene e nel male.
In realtà sono abbastanza restio ad utilizzare questi tipi di piattaforme, non so, ma mi danno l'idea di essere molto pericolose se non utilizzate con consapevolezza, oltretutto se prendono troppo piede rischiano di concedere all'autore una sorta di autorevolezza che potrebbe trasformarsi in una strana forma di dispotismo sanguinario (Per quel che mi riguarda sono uno da Pace&Amore), insomma non mi fido molto.
L'idea è nata parlando con un'amica, lei mi fa "Perché non provi a mettere su un blog?" e io "Ma neanche per sogno, non mi piace l'idea di mettere quello che scrivo così in bella mostra alla mercé di tutti, sono un intimista io!" e lei mi risponde "Ma scusa non sarebbe un po' come pubblicare?". Ho mugugnato qualcosa e infine ho sviato il discorso, il mio orgoglio può essere molto orgoglioso a volte.
E insomma, infine tutta questa tiritera per dire che metterò qualcosa di mia produzione qui sopra e vediamo cosa succede, sempre se succede! Buona lettura :)