lunedì 1 ottobre 2012

"Questione di aromi"


Fuori un clima da primavera inoltrata, accentuata da una leggera afa anticipatrice di un’estate prossima all’  arrivo.
Dentro, un tavolo di legno semplice, sopra, alcune cose appoggiate disordinatamente, una tazzina da caffè, un taccuino, un libro di narrativa e un posacenere colmo di mozziconi.
Dante poggiava i gomiti sulla superficie liscia, si teneva la testa tra le mani, i palmi aperti a sostenere il mento, guardava fuori dalla finestra con lo sguardo lanciato oltre ad un imprecisato punto del paesaggio e una leggera malinconia tra i pensieri.
Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette e ne estrasse una, la portò alle labbra e la accese, tirò una prima ampia boccata e lasciò uscire il fumo piano, osservandolo contorcersi e avvitarsi in aria.
Sarà stato il caldo o l’avvicinarsi della bella stagione forse, ma il suo umore era tinto dall’ insoddisfazione, non sapeva nemmeno lui spiegarsi il perché, non trovava un valido motivo in fondo; per quel che lo riguardava da vicino non aveva nulla di cui lamentarsi, certo che se però si teneva conto dell’ attuale situazione mondiale di motivi invece se ne trovano eccome, o per lo meno per Dante era così, ma in quella giornata era riuscito a lasciare fuori tutti i dispiaceri per i quali su due piedi non poteva avere soluzione.
Sarà che a volte il quotidiano sembra svuotarsi di ogni concretezza, di ogni piccolezza, d’un tratto, all’improvviso, la spensieratezza che si dovrebbe avere di norma dentro se ne va lasciando posto ad una sgradevole quanto non ben consapevole apatia.
Ecco era proprio quello il suo stato d’animo, le cose della terra non lo interessavano ma nemmeno quelle del cielo, semplicemente era infastidito e nauseato da tutto senza che questo tutto lo avesse in alcun modo oltraggiato, un’ involontaria presa di posizione rispetto al mondo, come quando in una incomprensione tra amanti, uno dei due risentitosi del comportamento dell’altro comunica la propria disapprovazione con una ben manifesta insofferenza.
Amelia entrò nella stanza portando con sé aroma d’arancia e cannella, fresco ma un po’ troppo speziato per l’umore di Dante che la accolse con un freddo:
-Che profumo di merda ti sei messa?-
La ragazza conoscendolo bene capì immediatamente lo stato d’animo del ragazzo e cercò di aggirare l’affondo rispondendo con un candido:
-Ne ho messo uno con il quale ero sicura di irritarti ancora di più di quello che già sembri- e si diresse verso la moka per prendersi del caffè freddo, sicura di trovarne visto che Dante non lo beveva che caldo.
Gli si avvicinò e gli carezzò i capelli, lasciando che la mano sensibilizzasse bene la sua cute, c’era molto affetto in quel semplice gesto e lui se ne accorse, vergognandosi un po’ per il burbero trattamento con cui l’aveva salutata.
-Scusami- le disse –non volevo essere così cafone, ma oggi è uno di quei giorni in cui non so che mi prende, tutto mi fa schifo e senza un perché-
-non preoccuparti tesoro, ho capito come sei fatto e oggi sei fortunato, non sono dell’umore adatto per prendermela, ti sopporterò-
-Non capisco come tu faccia ad essere sempre così comprensiva nei mie riguardi, devi proprio volermi bene, io al tuo posto mi sarei già preso a schiaffi se non peggio-
-Sono fatta così, è più forte di me, ma non mi ringrazierei così tanto se fossi in te, se ci rifletti un momento noterai che anche tu spesso mi sopporti come io faccio con te, l’unica differenza è che io mi chiudo in un mutismo serrato mentre tu aggredisci gl’ altri, anche il silenzio richiede una certa dose di pazienza, credimi- e prese a sorseggiare lentamente il suo caffè, come se in quel gesto vi fosse risposto chissà quale benefico influsso da maneggiare con doveroso rispetto.
La osservò assaporare quell’ infuso amaro e notò quanto fosse bella, i capelli castani le incorniciavano il volto mettendo in risalto le sue labbra rosse melograno, gl’ occhi castani abbassati sulla tazzina, semi chiusi, completamente abbandonata dentro sé stessa.
Era seduta su una sedia davanti a lui, a pochi centimetri sul tavolo il taccuino dove Dante ero solito scrivere quello che gli passava per la testa, poesie o semplici considerazioni su qualcosa, la guardò e le disse:
-Aprilo, leggi una pagina a caso, per favore-
Amelia rispose al suo sguardo e appoggiò la tazza, prese in mano il libricino nero e lo fissò per qualche secondo, come se stesse osservando qualcosa di prezioso e allo stesso tempo pericoloso.
-non mi hai mai permesso di leggere nulla, come mai proprio adesso mi chiedi di farlo?-
-non lo so, so solo che mi farebbe piacere se adesso tu leggessi qualcosa che ho scritto e poi mi dessi un parere-
-non so se sono in grado di poterti aiutare con un mio giudizio-
-non importa, tu leggi e poi dimmi che ne pensi, ok?- e le sorrise.

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